Joan e Victor. Una storia d’amore
… tutte le questioni dell’anima e dell’immortalità dell’anima non sono poi in fondo che un modo di constatare come ogni nostra azione si trasmette negli altri secondo il suo valore (di bene e di male) attraverso l’esempio di padre in figlio, da una generazione all’altra in un movimento perpetuo…
Antonio Gramsci
PREMESSA
Victor Jara è stato un cantautore, regista teatrale, attore e protagonista sociale e politico del Cile, assassinato nel tristemente famoso Estadio Chile (ora Estadio “Victor Jara”) il 16 settembre 1973 durante il violento Golpe guidato dal generale Pinochet contro il governo di Salvador Allende, primo presidente socialista eletto democraticamente. Sua compagna di vita è stata Joan Turner, danzatrice inglese emigrata in Cile. Entrambi lavorarono per portare l’arte tra la popolazione più povera ed emarginata del Cile, convinti che la cultura, oltre che i servizi più strettamente necessari, fosse un mezzo indispensabile per costruire un popolo consapevole e dunque più felice. Jara, di estrazione poverissima, divenne il cantore del riscatto degli ultimi, insieme a una serie di altri artisti accomunati sotto la definizione di Nueva Canción Chilena che condividevano con Allende le idee per una rivoluzione democratica del paese.
Abbiamo scelto di raccontare la loro storia d’amore e di lotta per la libertà, la dignità e la giustizia sociale, perché, come nell’antichità si raccontavano storie mitiche di eroi per dare esempi di forza e alta moralità, così oggi sentiamo il bisogno e l’urgenza di raccontare una storia naturalmente eroica, esempio etico di un grande senso umano della giustizia. Una storia, quella di Victor e Joan, che ci sembra, tra l’altro, paradigmatica di un modo di intendere il mezzo artistico come modo di operare attivamente nella società. Victor e Joan hanno usato la musica, la danza e il teatro forse nella loro accezione più nobile: come mezzo per educare e per aiutare la gente a capirsi e a comprendersi per meglio capire e comprendere il mondo.
CHE COS’È
Il progetto “Victor e Joan” è un progetto formativo pensato per gli studenti delle scuole secondarie di primo, secondo grado e per gli studenti universitari.
Il progetto ha avuto inizio il 28 ottobre 2021 con la Giornata di Studi “Joan Turner Jara” in collaborazione con l’Associazione Italiana per la Ricerca sulla Danza (AIRDanza), il Cesal (Centro Studi sull’America Latina) e l’Università di Napoli “L’Orientale”
LE ATTIVITÀ E LE STRATEGIE DIDATTICHE SONO:
- Visione dello spettacolo teatrale “Victor e Joan”
- Dibattito e discussione sullo spettacolo e sul periodo storico di riferimento (Colpo di Stato avvenuto in Cile l’11 settembre 1973)
- Workshop di teatro e movimento espressivo
OBIETTIVI FORMATIVI
l progetto formativo si propone di raccontare e far conoscere agli studenti un importante momento della storia contemporanea al fine di sensibilizzare consapevolezza, autonomia e spirito critico in linea con le Raccomandazione del Consiglio del 22 maggio 2018 relative alle competenze chiave per l’apprendimento permanente (2018/C 189/01). In particolar modo, guardando al quadro di riferimento che ha delineato gli otto tipi di competenze chiave, il progetto formativo “Victor e Joan” interseca la competenza alfabetica- funzionale, la competenza personale, sociale e la capacità di imparare a imparare, la competenza in materia di cittadinanza oltreche la competenza in materia di consapevolezza ed espressione culturali.
Attraverso la visione di uno spettacolo teatrale (narrazione, danza e musica), la partecipazione ad un dibattito formativo sul periodo storico di riferimento sotto forma di brainstorming e problem solving, la partecipazione attiva ai workshop di teatro e danza si accompagnerà lo studente alla scoperta attiva di un fenomeno storico- sociale attraverso l’acquisizione laboratoriale di conoscenze, abilità e competenze che utilizzano tutti i canali comunicativi (verbale, paraverbale e non verbale). Gli allievi lavoreranno in gruppo e guidati dagli esperti per interrogarsi sulle diverse modalità di applicazione del principio di espressione nei vari campi artistici, intendendo il mezzo artistico come un’opportunità per esprimere se stessi e scoprire tematiche socialmente utili.
PERCHÉ UNO SPETTACOLO DI STORIA?
La storia è una materia fondamentale nella formazione intellettuale e civile dello studente e del cittadino perché educa all’analisi critica, alla consapevolezza civica, educa la capacità di orientamento nella società e nella politica attraverso un approccio analitico ai fatti e alla verifica delle fonti.
Da quando è stato superato quel tipo di insegnamento nozionistico ed esclusivamente frontale a favore di un tipo di insegnamento- apprendimento significativo dove lo studente è parte attiva del processo educativo, la storia ha smesso di essere un elenco nozionistico di date e battaglie per diventare il catalogo delle cose che gli esseri umani hanno fatto. È importante conoscerla perché fornisce gli strumenti ‘per stare al mondo’. Uno tra i più influenti storici del ‘900, Fernand Braudel, sosteneva che per la formazione di cittadini consapevoli fosse fondamentale spiegare quali forze hanno governato la realtà dei cambiamenti sociali. I nuovi approcci qualitativi all’insegnamento della storia cercano quindi di stimolare nello studente lo sviluppo di un’autonoma analisi critica ai fatti. Uno studente formato in questa direzione acquisirà, per esempio, una maggiore padronanza sia delle dinamiche sia dei concetti della politica e maturerà una maggiore consapevolezza dei meccanismi di partecipazione civica nei quali è inserito.
LO SPETTACOLO
da un’idea di Maria Virginia Marchesano e Francesco Petti
La costruzione dello spettacolo teatrale “Victor e Joan” si basa sul libro “Victor, an unfinished song” di Joan Turner Jara. Si tratta di un percorso di ricerca e di indagine sulle possibili modalità con cui la musica, la danza e le parole possono dialogare tra loro al fine di intercettare la forma di comunicazione più adatta per consegnare allo spettatore una narrazione da toccare, sentire e guardare da più punti e dimensioni. Per quanto riguarda il “sentire”, abbiamo scelto il suono del clarinetto dal vivo. La scelta di questo strumento,che non rientra né tra quelli usati da Victor Jara né tra quelli della tradizione andina o della Nueva Canción Chilena, è fortemente legata alla poetica comunicativa su cui stiamo lavorando. Il clarinetto, con il suo suono legnoso, capace di passare da note cupe ad acuti cantabili, ci è sembrato il più adatto ed il più evocativo per esprimere le varie sfaccettature delle vite di Victor e Joan che hanno sentito, provato ed esperito le note più basse e più alte di cui è capace l’essere umano.L’indagine sulla musica e sul sentire, dunque, si concentra su uno strumento a fiato che per sua stessa natura ha bisogno del respiro per esprimersi. Il respiro è vitale e insieme al battito cardiaco costituisce la prima forma di danza e musica del corpo umano. Il respiro che genera musica e che è nella musica, il respiro del corpo che danza e il respiro della voce che racconta, costituiscono l’asse di ricerca sulla modalità comunicativa con cui vogliamo raccontare una storia che ha rappresentato un modo di vivere, quello di Victor e Joan, che ha tentato di dare un più ampio respiro ad una società soffocata dalla violenza e dall’ingiustizia sociale.
La nostra ricerca,pertanto, tenta di indagare una possibile partitura di “modi”dove il respiro della danza, della musica e della parola si armonizzano in un meccanismo naturale e vitale.Ed è la vita che noi vogliamo cantare in questo spettacolo, e quindi in questo primo studio. Perché se è vero che la vicenda di Victor e Joan è tragica, è anche vero che tanta della loro storia è stata piena di allegria, di festa, di comunicazione, di gioia, viaggi, musica, arte, ideali, lotta, vita. Il suono del clarinetto susciterà una danzatrice al movimento, come il fiato di un vento spinge una vela a muoversi, come l’alito del respiro spinge la parola a fluire, come il soffio del misterospinge l’uomo verso l’arte e verso il viaggio della vita. L’elemento centrale resta tuttavia la narrazione e la parola in quanto ci interessa soprattutto raccontare. Sin dall’antichità, dalla tragedia greca in poi, la narrazione di certe vite e di certi avvenimenti diventa strumento educativo, persuasivo e di esempio per lo spettatore. Parleremo con la voce di Joan soprattutto della gioia e dell’amore nella loro coppia e nel Cile di quel periodo. Faremo un viaggio a ritroso, dalla morte all’amore, dal lutto al sorriso, dalla distruzione alla costruzione.
Infine le mani e il “toccare”. Le mani di Victor, martoriate dai torturatori, e quelle danzanti di Joan, fino a quelle nuovamente vive di Victor, vive per far cantare la sua chitarra contro le ingiustizie della società e sempre vive per toccare le coscienze di chi lo ha ascoltato e lo ascolterà.
IL CAST
Maria Virginia Marchesano Danza
Francesco Petti Regia
Francesca Pica Clarinetto e Narrazione
FRANCESCO PETTI
Francesco Petti si forma come musicista presso il Conservatorio di Salerno e come attore presso l’Accademia d’Arte Drammatica della Calabria sotto la direzione di Luciano Lucignani. In seguito approfondisce il lavoro sull’attore, la drammaturgia e la regia con numerosi workshop tenuti da maestri di alto livello, nazionali e internazionali quali Francis Pardeilhan, Antonio Fava, Massimo Lanzetta, Torgeir Wethal, Maurizio Lupinelli, Marco Sgrosso. È stato cofondatore dell’Associazione Casa Babylon Teatro e dell’Associazione Melisma. Ha lavorato, tra gli altri, con Ruggero Cappuccio (“Ma ll’aneme se vesteno accussì”), Francesco Silvestri (“Fratellini”, “La guerra di Martin”), Francis Pardeilhan (“Posillecheata”), Michele Monetta (“La ballata di Pinocchio”), Pasquale De Cristofaro (“L’allegria dell’orco”, “Giochi”, “Il malato immaginario”, “La mandragola”), Peppe Lanzetta (“Malaluna”), Vincenzo Pirrotta (“La morte di Giufà”), Edoardo Siravo (“Cristo si è fermato a Eboli”, “La bisbetica domata”), Vanessa Gravina (“Angeli di Auschwitz”). Ha registrato come attore e musicista l’audiolibro “L’uomo della sabbia e altri Notturni” edito da L’Orma editore. Ha partecipato a vario titolo a vari festival quali Ferrara Buskers Festival, RTN Festival Ljubljana, Corpo 900, Europäisches Kulturforum, Palermodiscena, “Vues d’ici, vents d’ailleurs”, Festival dello Spettatore e molti altri. Ha condotto numerosi laboratori nelle scuole e, per nove anni, presso l’UOSM “Villa Agnetti” dell’ASL SA2. Attualmente è presidente dell’Associazione Teatro Macondo, inserita nel Consorzio Altre Produzioni Indipendenti (CAPI), che lavora soprattutto nell’ambito del teatro ragazzi e di innovazione. Come regista, con la Compagnia PolisPapin, ha vinto il premio “Voto del pubblico” al Fringe Festival di Roma 2015 con lo spettacolo “Indubitabili celesti segnali”, il premio per il migliore spettacolo e la menzione speciale alla regia al Doit Festival 2018 di Roma e il premio alla migliore regia al Festival XS 2020 di Salerno con lo spettacolo “Tàlia si è addormentata”, di cui è anche autore. L’ultima produzione lo vede in scena in “Il Maestro e Margherita – I manoscritti non bruciano”, una coproduzione CAPI / Teatro D’Anghiari.
FRANCESCA PICA
Campana da parte paterna e siciliana da parte materna, ha vissuto a Salerno e vive a Roma dal 2011. Dal 2001 al 2003 frequenta l’Accademia dello Spettacolo diretta da Antonio Casagrande, Salerno. Nel 2011 si diploma in Clarinetto al Conservatorio di Musica di Salerno Giuseppe Martucci. Nel 2016 consegue la laurea Triennale in Scienze dei Beni Culturali università degli Studi di Salerno. Attualmente frequenta il Master in Artiterapie all’Università di Roma Tre.Dal 2003 ad oggi studia recitazione seguendo numerosi corsi e laboratori, tra i principali quelli con compagnie quali Odin Teatret, Living Theatre, Teatro Potlach, e con Gennadi Bogdanov, Giancarlo Sepe, Mimmo Borrelli, Elena Bucci.Svolge attività di operatrice teatrale e musicale con bambini dai 2 ai 10 anni e dirige laboratori di teatro per ragazzi e adulti.Nel 2003 debutta nello spettacolo “All’ombra della collina” dell’attore regista Vincenzo Pirrotta con il quale lavorerà anche per l’allestimento dello spettacolo “Orestea” un anno dopo. Dal 2005 comincia a lavorare con la compagnia Teatro Studio, diretta da Pasquale De Cristofaro, collaborazione che durerà fino al 2011. In questi anni incontra anche altri registi quali: Antonello De Rosa, con cui vince il premio del pubblico e dell’organizzazione al festival “Le voci dell’anima” 2014 con lo spettacolo “Jennifer”; Antonio Grimaldi; compagnia TeatrAzione con cui collabora dal 2007 al 2015 per spettacoli di Teatro ragazzi. Dal 2012 si trasferisce a Roma e lavora con la compagnia Metamorfosi Teatro dove ha la possibilità di sperimentare nell’ambito della Commedia dell’Arte. A Roma conosce Vania Castelfranchi, regista del gruppo di teatro antropologico Ygramul, con cui mette in scena diversi spettacoli di repertorio della compagnia e, ex novo, lo spettacolo “Candido”. Nel 2013 fonda la compagnia PolisPapin con le attrici Cinzia Antifona e Valentina Greco, con cui lavora fino al 2020. Idea e scrive alcuni degli spettacoli che metteranno in scena, vincendo il premio del pubblico al Roma Fringe Festival 2015 con il primo lavoro, “Indubitabili Celesti Segnali”, e il premio “Miglior spettacolo” al DOIT Festival 2018, Roma con lo spettacolo “Tàlia si è addormentata”, entrambi con la regia di Francesco Petti. Dal 2015 al 2016 collabora con la compagnia Theatre en vol, Sassari. Dal 2017 si dedica alla scrittura di testi teatrali che dirige e interpreta: “MARE” debutta nel 2018, “Baléni” debutta nel 2021, entrambi hanno la supervisione di Elena Bucci e sono tutorati dalla compagnia Le Belle Bandiere, “Ho sentito il bisogno di dirlo a qualcuno” debutta nel 2021, lettura in musica sulla vita e le opere di Katherine Mansfield. Con Le Belle Bandiere lavora allo spettacolo “L’anima buona di Sezuan” nel 2019, “Rivoluzione Dante” nel 2021 e tutt’ora collabora con loro in vari progetti. Ha inoltre lavorato con Ruggero Cappuccio nello spettacolo “Shakspea-Re di Napoli”, prima nazionale all’interno del festival Benevento Città Spettacolo 2006.